Davide Rocco Colacrai - XLII Premio Firenze

XLII Premio Firenze
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Davide Rocco Colacrai

SEZIONE A - POESIA EDITA

MEDAGLIA DI BRONZO ex-aequo
DAVIDE ROCCO COLACRAI

per il volume



RITRATTO DEL POETA IN AUTUNNO
Versi di malinconia e perdono
(Carmina di LetterarieMenti - Associazione Culturale Aps  2024)

con la seguente motivazione:

Già dal titolo “Ritratto del poeta in autunno” – Versi di malinconia e perdono – Davide Rocco Colacrai apre le porte di sé stesso per offrirci ospitalità poetica nella sua interezza esistenziale, delineando interrogativi, apostasie, contrappunti. È un libro d’indagine psicopoetica e storica sullo scandalo del dolore umano, comprendente la verità dei fatti, la verità della memoria e la verità segreta. La sua è una scrittura che turba e commuove, crocifiggendo cristica-mente la carne con i chiodi dei versi, versi che contengono soprusi e prigionie resi più autentici nell’intersecarsi di ossimori e metafore. In sintesi, il libro del poeta Colacrai, esprime una biografia plurale dove la parola supera la stagione delle malinconie e ritorna ad incendiare le coscienze.

La Giuria del Premio Firenze
DOVE LE LEPRI NON OSANO - SCHIZOFRENIA

Sono padre e figlio di me stesso,
ognuno teso a nascondersi
quando parla con il proprio roveto
in una lingua che non guarisce
e che lascia che sia carne il bisogno di quel gesto
con cui il mondo avrebbe potuto rivelare
il suo perdono,
chiarire con esso che anch’io
ho una mia ragione
forgiata da tutti quei sogni
stretti al cuore
come fosse il loro atollo,
significare con la sua parola
in un’eco d’amore
il mio nome.

Sono padre e figlio di me stesso,
entrambi liquidi nei ricordi
dove il silenzio rinasce lungo i suoi passi.

e il corpo ascolta-

come la notte dilata il vuoto
in una bocca che svela l’orizzonte e morde
il giorno siede sulla clessidra
e risolve gli scarabocchi d’ombra da cui sono nato.

Il mio cane, il solo contrappunto alla mia costellazione storta e sterile.

Stretto nel mio affanno Dio.

Sono padre e figlio di me stesso,
a volte senza storia
altre ce ne sono troppo a sopravvivere alla mia attesa

mentre brucio immobile, tra parentesi d’ostia ed edera,
dove le lepri non osano,

in questo deserto di angeli nudi di pietà.



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